Seconda puntata

Ci siamo guardati in faccia per alcuni secondi con aria di sfida e siamo scoppiati in una fragorosa risata. Siamo proprio sulla stessa linea d’onda. Sarà perché lui è un sagittario?

– Silenzio sugli spalti! O verrete penalizzati!

Torniamo immediatamente seri, ognuno nuovamente affaccendato nelle proprie cose. Albi torna a smanettare sull’iPad per terminare una versione di greco; io riprovo a connettermi col cellulare per scoprire finalmente come potrebbero andare le cose.

Tanto epica l’ho già studiata e i problemi di algebra sono una stupidata, che posso fare una volta rientrata a casa. Potrei persino risolverli in macchina mentre mia mamma, coi suoi tempi, mi porta a scuola, tanto a cento metri dal semaforo giallo lei inizia a frenare! Mezz’ora per fare tre chilometri. Poi, quando si immette in tangenziale sembra Schumacher. Non ho parole.

Tra una divagazione mentale e l’altra, internet ora funziona.

Torno sulla schermata che mi interessa e leggo.

“I nati sotto questo segno sono persone ambiziose e decisamente creative.”

Certo, ambiziosa e creativa lo sono. Propensa al dramma? Ma cosa dice, io così leale, fiera e romantica, sempre a disposizione degli altri, sarei propensa ad esagerare un attimino? Assurdo, non ci siamo per niente. Solo perché ho protestato cinque minuti per esser stata messa in un girone che inizia a giocare due ore dopo il ritrovo? Perché ho minacciato mio papà e il mister di non partecipare più se non posso giocare con l’unghia finta dell’anulare destro sulla quale ho disegnato pazientemente e con uno stuzzicadenti il muso incazzato di un leone? Scusate, io ho proposto loro, madre compresa, un bel tatuaggio vicino al cuore. Mi han detto di no, non si sa perché, poi. L’unghia mi è sembrata un’ottima alternativa. Mi bocciano pure quella! Per regolamento, pare. Che devo fare? Stare zitta zitta, quatta quatta? Non esiste proprio! Ho intenzione di vestirmi della mia stella. Che sia un disegno su un dito o un tattoo grosso come una casa, il leone sarà la mia seconda pelle!

Lascio la valigetta in custodia ad Albi e scendo i gradini degli spalti con balzi feroci, cercando, da fiera astuta e decisa, papà e mamma che se ne stanno tranquilli e beati a sorseggiare il solito ginseng in tazza grande, senza zucchero, al bar del palasport Bernardo Speca.

– Ho avuto un’idea geniale!

– Immagino.

Fanno in coro, tra i risolini fastidiosi dei loro amici, nostalgici subbuteisti che credono di aver ancora vent’anni.

Sembrano iene nascoste tra le rocce in attesa di avventarsi su qualche carcassa avanzata. Non sanno quanto io possa essere determinata. Se ho una meta, farò di tutto per arrivarci.

Li ho guardati a uno ad uno per esser sicura di aver l’attenzione di tutti. Agli adulti non piace molto esser sfidati, soprattutto da un cucciolotto. Peccato che io sia un esagerato, magari anche un po’ instabile, felino. Se mi offendete, vi azzanno alla giugulare. Meglio starmi alla larga. A meno che non debba aiutare qualcuno. Allora sono disposta a vendermi l’anima per chi ha bisogno. Come quella volta che ho dato i miei miseri risparmi, sei mesi di paghette, a una nostra vicina che da tempo non aveva lavoro. Poveretta.

– Mamma, papà, se vinco e salgo sul podio mi faccio un tatuaggio. Quello del leone che vi ho fatto vedere sul sito di Stelle sulla pelle.

– Stiamo calmi! – esordisce mia madre, mentre le vene violacee diventano un’autostrada a tre corsie lungo il collo sottile e pallido. Mio padre neppure mi osserva, dando per scontato che il mio sia il solito colpo di testa dovuto alla complicata, quanto passeggera, sindrome adolescenziale nella quale sono appena incespicata.

– Almeno fino ai sedici niente disegni autolesionistici sul corpo! Anzi, siccome ci vuole il nostro consenso, niente fino ai diciotto. Lo dice anche il disegno di legge numero 1313. Dai tesoro, se poi ti stufi non puoi cancellarlo con la gomma. Metti il caso di un’infezione. Sul posto di lavoro, per giunta, non sempre lo accettano. Quando sarai anziana? Avrà le rughe pure il tuo leone. Peggio, perderà i contorni e si trasformerà in un hamburger strabordante maionese.

Non so se urlare, mettermi a piangere o dar loro le spalle e tornare dai miei compagni di squadra.

Fine seconda puntata

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