Primo tempo, secondo tempo, supplementari.

Piazzati! Come scusa? Dovete fare i tiri piazzati per passare il turno! Cavolo… come si fa? Si piazza la palla subito dentro l’area di tiro all’angolo con la linea laterale, poi in corrispondenza del lato corto dell’area, poi all’altezza del dischetto del rigore, poi altro lato corto dell’area e in ultimo, l’altro angolo. Cinque tiri a testa. Come i rigori nel calcio. L’arbitro mette la pallina ed io metto l’omino. Pronto! Il portiere si piazza. Pronto! Attacco pronto? Si! Difesa pronta? Si! …tiro! Dieci secondi per decidere dove tirare, prendere la mira e via… in caso di pareggio, si va ad oltranza…

Forse è un po’ il sunto di quello che facciamo troppo spesso. Ci piazziamo e aspettiamo. Aspettiamo che qualcuno ci dica cosa fare. E se nessuno parla, restiamo lì…. fermi ed in attesa. Il problema però è che tutto il resto si muove. Passa il tempo. Passano dei treni. Ma noi, troppo spesso, stiamo fermi.

Cosa succederà in futuro, non lo possiamo certamente dire con certezza, ma possiamo comunque ipotizzare degli scenari, anche sulla base degli avvenimenti degli ultimi 5 anni (giusto per non andare troppo indietro). I dati, certi ed incontestabili, dicono: sempre meno giocatori attivi, sempre meno iscritti ai tornei, sempre meno under, sempre meno soldi in cassa, sempre meno chiarezza su tutto.

I problemi sono parecchi.

Nessuno ha la bacchetta magica. Manca anche la capacità, riconosciuta solitamente ai bravi politicanti, di aggirare gli ostacoli cambiando discorso. Eppure qualche volenteroso c’è, ma sembra sempre che ci siano altre priorità, altre visioni, un altro torneo da organizzare o un eventuale “nemico” da attaccare. Mi sa che non siamo tanto bravi a tirare. Ci tocca andare “ad oltranza”. Che ci piaccia o no, noi giocatori abbiamo un compito: tenere in vita questo gioco il più a lungo possibile. Non vincere i tornei. Non vincere il campionato o salvarsi da una retrocessione. Non avere “titoli politici” decisamente inutili. Non scattare foto ricordo con il personaggio di spicco del momento. E nemmeno sfruttare alcune di queste cose per costruirsi una paghetta o per farsi la vacanza gratis. Questo gioco deve sopravviverci. Questa è la vera sfida. Questo è il pallonetto decisivo.

Non ci sono portieri o ostacoli di sorta che possano diventare un impedimento. L’alternativa è smettere. E se smettiamo, il gioco muore. Senza causare danni a nessuno. Senza protestare. In silenzio.

Sarebbe un problema? No. Le nostre vite andrebbero avanti lo stesso. Poi, tra qualche anno, sfogliando qualche album fotografico (digitale), ci troveremo a dover spiegare a figli o nipoti cosa stavamo facendo in tre, chini su un tavolo, concentrati e vestiti quasi come degli sportivi. A raccontare che andavamo in giro per l’Italia, insieme agli amici di una vita, con la valigetta piena di squadre o con la scatola con “l’unica che riesco ad usare” chiusa da un elastico. O degli amici sparsi per l’Europa che vedevi una o due volte all’anno e che salutavi con piacere. Speriamo poi che non salti fuori quel video dove piangi e ti abbracci coi tuoi compagni di squadra per un risultato inaspettato, perché sarebbe difficile riuscire a raccontare alcune delle emozioni che ci hanno accompagnato per anni. Così come tirare quel maledetto piazzato dall’angolo. Ma ci proverai sperando che il portiere non sia all’altezza del pallonetto più spettacolare che ti sia mai venuto. Frazioni di secondo… la pallina si alza come “non sono mai riuscito a fare”, resta sospesa per mezzo battito di ciglia, poi inizia scendere…

Scavalcherà il portiere? Saremo riusciti ad imbrogliare i suoi riflessi? O ci toccherà ricominciare dall’altro angolo?

Questo potrebbe essere il rischio o la soluzione. Ricominciare dall’altro angolo. Un angolo uguale ma diverso. Di lì le righe sembrano proprio più marcate, più dritte. Stesso fine ma da quella parte sembra diverso. Finché non tiriamo non lo potremo sapere. Potremo solo sperare che diventi il trampolino che ci permetterà di fare finalmente il goal decisivo. Quello che ci farà alzare le braccia al cielo e festeggiare con i nostri compagni di squadra, i nostri amici ed anche con gli “altri”, ma solo quelli che rispettano il proprio avversario e questo semi sconosciuto, bistrattato, strano, splendido gioco.

La palla è in volo… non ci resta che… aspettare…

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