alfabeto del subbuteo T

Quanto sia complicato gestire un torneo è decisamente risaputo per chi frequenta il nostro micro mondo.

Siamo spesso vincolati da vari fattori. La disponibilità della sala, il rispetto per chi arriva da lontano, le necessità dell’autorità che deve premiare ma deve scappare perché atteso altrove, il giornalista che ha sempre i minuti contati, la stanchezza, il provare ad evitare di fare le premiazioni (come al solito) in quattro gatti, ecc. ecc. Allora via che si prova di tutto e di più per far sì che si finisca in quello che viene definito, tempo utile.

Ma utile per chi?

Partiamo da un principio di fondo. I giocatori, praticamente tutti, vanno al torneo quasi sempre con la speranza o l’illusione, di arrivare fino in fondo. Sia che si parli del tabellone principale che per quello che viene definito “consolazione”. Però, quando perdono, vogliono andar via il prima possibile, rivolgendo al COL richieste continue per far rispettare i tempi.

Dunque cominciano le urla al microfono per richiamare i giocatori ritardatari perché finire tardi vuol dire arrivare a casa tardi e per alcuni, finire tardi sembra un fastidio intollerabile. Ma sono in pochi a dire che finire tardi è, prima di tutto, poco serio e che dà un’idea, all’esterno, di approssimazione.

Ci sono delle brutte abitudini che dovremmo iniziare a cambiare e immaginare che, nei tornei, ci dovrebbero essere formule che permettano di avere uno svolgimento rapido e lineare. Se il giocatore è fuori a fumare o sta provando le basi del nuovo produttore oppure è a farsi gli affari suoi chiacchierando con altri giocatori invece di essere pronto sul campo, deve essere sanzionato perché è una mancanza di rispetto verso tutti. Verso chi organizza, verso i giocatori puntuali, verso chi si aspetta qualcosa di “fatto bene”.

A volte sembra proprio il cane che si morde la coda. Vorremmo serietà e puntualità, ma siamo noi i primi a non essere né seri e né puntuali. Pretendiamo senza voler dare nulla in cambio. Allora chi organizza è chiamato a trovare la quadratura del cerchio, sempre considerando il primo obbiettivo del torneo: avere il maggior numero di iscritti.

Per fare questo si cerca di soddisfare la prima richiesta del “giocatore tipo”. Giocare, giocare e ancora giocare. Quindi tabellone principale e consolazione, tabellone cadetti e consolazione, tabellone veteran e consolazione, gironi da quattro, inizio torneo all’alba, e tutto quello che può servire per far fare a tutti, una bella scorpacciata di partite.

torneo subbuteo

Ma in quali altri giochi o sport, troviamo questo tipo di impostazione? Credo in nessuno. Semplicemente perché, in altri contesti, l’obbiettivo è garantire una competizione dove tutti sanno che perdere non è un problema, ma un rischio inevitabile. Allora si potrebbe iniziare a pensare ad un circuito vero e proprio, che metta in condizione tutti di partecipare ad ogni torneo con maggiori consapevolezze. Certo non è semplice sradicare alcune convinzioni e abitudini.

Personalmente credo che si debba iniziare a fare delle distinzioni precise tra il gioco praticato per diletto e passatempo, al proprio club, in tornei promozionali o in eventi occasionali, rispetto ai tornei fatti con l’obbiettivo di arrivare il più avnti possibile mettendo alla prova se stessi e gli altri.

Affrontare una trasferta di chilometri per giocare “solo” tre partite non può essere sempre un problema, ma deve diventare una scelta consapevole finalizzata ad un punteggio ben definito, magari raddoppiato se si resta fino alle premiazioni. Oppure si potrebbe dare maggior risalto alla “formula Svizzera”, che permette di avere un numero minimo di partite garantito e di avere sicuramente tutti gli iscritti presenti fino alla fine. Certamente sarebbe necessario modificarla per adattarla al meglio e per riuscire a far partecipare più persone possibili, magari attraverso dei tornei di selezione strutturati per creare un elenco di giocatori divisi per fasce. Ma è solo un’idea che viene da un rompiscatole. Quindi avrà valore per pochi. Per i molti che puntano esclusivamente a giocare, un’idea impraticabile.

Meglio pensare a come riuscire ad andare nella serie superiore, magari senza neanche giocare…

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