Molti puristi del gioco quasi si indignano quando pronunci “calciotavolo” anziché subbuteo, convinti che il mondo conosca il gioco solo pronunciando il marchio commerciale.

Amici vi devo dare una bruttissima notizia: coloro che hanno dai 30 anni in giù, se gli chiedi cosa vuol dire subbuteo ti rispondono che non lo sanno oppure ne hanno sentito parlare, ma non sanno esattamente cosa sia!

Dunque, come è possibile che i giocatori che frequentano i vari circuiti di gioco, FISCT piuttosto che Lega Nazionale Subbuteo o ancora Waspa o Old Subbuteo, siano così convinti che “subbuteo” identifichi universalmente il gioco? Perché l’età media dei giocatori e di oltre 40 anni, ormai.

Ci sarà pure un modo per abbassare l’età media dei giocatori coinvolgendo nuove leve e facendo conoscere il calciotavolo (quando capiranno che già chiamarlo subbuteo è un errore, sarà comunque tardi…)? Probabilmente sì, ma non con i modelli che fino ad oggi sono stati adottati! I giocatori non hanno né voglia, né tempo per dedicarsi allo sviluppo dell’attività sul territorio, men che meno di sviluppare un modello associazionistico che abbia come target la promozione del gioco e l’istituzione di corsi per insegnare o semplicemente far giocare i ragazzi.

Ancora oggi se ne sentono di tutti i colori: non ci sono giovani interessati (la più divertente e gettonata), non ho tempo, devo allenarmi per il campionato e via così. Tutte motivazioni più che lecite pertanto, alla luce di queste, avremmo già concluso il discorso e dovremo solo prepararci all’ineluttabile fine del gioco.

Oppure…

Ripartiamo da zero. Abbandoniamo il modello associazionistico che è evidentemente fallito e lasciamo che sia un’entità privata che prenda in mano la gestione e lo sviluppo e non un’associazione. Le stesse associazioni sul territorio potranno slegarsi da vincoli gestionali ed operativi, ed organizzarsi come meglio credono, anche semplicemente presentandosi come club in fase di iscrizioni ai campionati nazionali di riferimento.

L’onere di sviluppare l’attività, organizzare scuole per giovani giocatori, promuovere il gioco del calciotavolo sarà di qualcun altro che avrà tutto l’interesse a farlo per creare un movimento sempre più vivo ed attivo al fine di sviluppare la propria attività.

Campionati nazionali più orientati verso la professionalizzazione del gioco, circuito tornei di qualificazione alle competizioni finali con montepremi ben definiti, sponsor e media. Un calciotavolo, dunque, orientato alla spettacolarizzazione del gioco, ma senza l’onere delle associazioni su territorio di dover sottostare a regole associative sempre più stringenti e tra poco, con le nuove regole del terzo settore, sempre più complicate e costose!

Stiamo seguendo ed interagendo con grande attenzione nell’evoluzione di “Calciotavolo Pro Tour” e le premesse sono positive. Un’organizzazione privata che si sta muovendo con calma, ma determinazione.

Chissà, magari è la volta buona…

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