Francesco La Torre SubbuteoFrancesco La Torre Subbuteo

Carissimi amici di Pianeta Under oggi è con malcelata emozione che desidero presentarvi un protagonista indiscusso del movimento under nazionale. Una persona discreta, mai sopra le righe e molto attiva per il calciotavolo. Non nascondo una mia profonda stima per lui, dai tempi in cui ho avuto il piacere di conoscerlo e frequentarlo, seppur per i periodi limitati ai tornei nazionali o campionati.

Parliamo ovviamente di Francesco La Torre, un nome molto conosciuto nel mondo del calciotavolo in particolare FISCT. Siamo anche questa settimana in Sicilia, ma verso la “punta”, dove lo stretto la fa da padrona! Oggi siamo con gli amici di Barcellona PdG, un club dove la parte under è sempre stata preponderante e molti si sono chiesti il segreto del loro successo. Proveremo a “carpirlo” in modo che possano beneficiarne tutti i club e organizzatori e magari riprendere quel volano che sembra quasi fermo dello sviluppo!

Francesco, da dove nasce la tua passione per il subbuteo e quando hai iniziato a giocare?

Cominciai a giocare a casa con la scatola di subbuteo di mio fratello Concetto, da solo, perchè lui preferiva giocare coi suoi coetanei e non mi voleva tra i piedi. Quindi possiamo dire benissimo che Concetto ha avuto un ruolo più che determinante per tutto quel che è venuto dopo. Erano i primissimi anni ottanta, a ridosso del mundial spagnolo.

In che modo sei riuscito ad appassionare tanti ragazzi al gioco?

Intanto dopo gli innumerevoli tornei da garage della mia adolescenza coi coetanei, rispolverai il Subbuteo verso la fine degli anni 2000, trasmettendo questa passione per primi ad Antonio e Claudio. Poi c’era un ragazzino che andando dalla nonna, nostra vicina di casa spesso veniva a giocare coi miei ragazzi. Il “contagio” fu naturale e quasi immediato. Si trattava di Carmelo Sciacca. Nelle settimane successive ne arrivarono altri 5/6 e a casa mia non c’era più spazio per ospitare tutti. Per questo ci procurammo una sede, che è quella dove tutt’ora ci alleniamo. Un camerone dell’oratorio parrocchiale tutto per noi, dove teniamo montate ben sette tavole. Come ho fatto? Non c’è un trucco, né una pozione magica. Io mi limitavo ad insegnar loro le regole, a stabilire dei giorni in cui giocare e a mettere il mio tempo e la mia presenza sempre fissa in sede. La ricetta è semplice. Fai conoscere il gioco. Trovi un luogo e e stabilisci dei giorni fissi, ma poi, soprattutto, devi essere sempre presente, perché mai deve venire un ragazzo e trovare la sede chiusa, soprattutto nella fase dell’appassionamento. E cosi feci per le decine di ragazzi che si sono susseguite e continuano a venire a giocare, vecchi e nuovi. Il resto lo hanno fatto il gioco da sé, con la sua magia, e la location (l’oratorio è innegabilmente un potenziale bacino di utenza senza limite).

Mi pare di aver notato che hai di fatto “sacrificato” la tua attività di gioco in favore dei ragazzi. Questa tua scelta, che io credo sia l’unica percorribile per un progetto dedicato agli under serio, cosa ti ha comportato? Sono stati più le gioie o le recriminazioni per esserti in parte allontanato dal gioco giocato?

Sì, esattamente. Va da sé che a un certo punto devi scegliere. Puoi sempre e comunque giocare e divertirti, ma un conto è allenarti seriamente, un conto è accompagnare le nuove leve. E’ un insegnamento a tutti gli effetti, devi avere un “metodo di lavoro”, puoi spaziare, ma non devi mai improvvisare. Devi conoscere molto bene il regolamento, per insegnarlo agli altri. Questo richiede molto tempo e molto impegno. Prendere due bimbi, metterli attorno ad un tavolo con due squadre e lasciarli in balia del nulla, non porta da nessuna parte. Dopo dieci minuti perdono la voglia. I primi tempi facevo venire i ragazzi due per volta. Poi man mano mi hanno cominciato ad aiutare i ragazzi più esperti e solo allora è stato possibile creare un vero e proprio laboratorio, in cui ognuno di noi può seguire due ragazzi per volta. Da solo alla fine sei molto limitato. Sicuramente sono state più le gioie che le recriminazioni per aver fatto questa scelta, perché alla fine i successi dei ragazzi, diventano a tutti gli effetti i tuoi successi, nel momento in cui vedi premiato il duro lavoro che hai fatto per anni. I ragazzi diventano il tuo prolungamento, siete un tutt’uno e le loro emozioni diventano le tue mentre sei a soffrire o a gioire a bordo campo. Per cui o sei un campione e ti alleni per bene (ed io non lo sono mai stato) oppure ti dedichi ai ragazzi al 100%.

Abbiamo visto che tuo fratello ti aiuta molto nell’attività di gestione. Come è organizzato l’organigramma del vostro club?

Si, Concetto nel club ha un ruolo molto più centrale di quanto può trasparire dall’esterno. E’ il presidente, ma è anche e soprattutto un grande motivatore, sia per la sfera gestionale ed amministrativa, che per quella sportiva. Un’altra trave portante del club è Antonella Furnari; lei si occupa della comunicazione curando tutte le pagine social e del marketing. Carmelo Bilardo è il vice presidente e Marco Rossitto il dirigente accompagnatore, una sorta di team manager. Questa è la squadra che lavora dietro le quinte, nell’ombra, giornalmente per tutto l’anno, per far si che la squadra che scende poi in campo trovi la “tavola già imbandita”.

Un suggerimento spassionato a chi vuole creare un club dedicato agli under.

Senza mai chiudere la porta a nuove leve adulte, che poi possono diventare preziose risorse all’interno di un club, oltre che a volte anche buoni giocatori, bisogna aprire le porte a quanti più under possibile. Più ne coinvolgi, più si alzano le probabilità che vengano fuori dei campioncini. La percentuale di successo poi è variabile per mille fattori che non sto qui ad elencare, ma non va mai sotto il 10%. Per cui, se vuoi creare una squadra di quattro elementi buoni, devi coinvolgere decine e decine di ragazzi. La bravura di alcuni si manifesta subito, già dai primi tocchi. Per molti ci vuole più pazienza e i miglioramenti si vedono soltanto dopo mesi. Ma la cosa certa è che il lavoro alla lunga paga ed io ne sono testimone, perché siamo nati dal nulla e dopo aver vinto un’Europa League e i campionati di ogni categoria, oggi con la stessa base di gruppo più qualche utile innesto, disputiamo la serie A. In sintesi la ricetta è molto semplice: cerca una sede, sii sempre presente nei giorni prestabiliti per gli allenamenti, invita i ragazzi e insegna loro il gioco con tanta pazienza e buona volontà.

Gli errori gestionali da non fare in un club?

Questa risposta è molto facile. Non affidarti mai solo alle tue forze. Circondati di collaboratori, crea un vero e proprio team dirigenziale che ti aiuti a organizzare tutto. Coinvolgili in ogni discussione e in ogni decisione da prendere. L’errore più grave fatto col “primo” Ct Barcellona fu proprio quello di impostare tutta l’organizzazione su due sole persone; se ad una delle due passa la voglia o non può più essere presente per svariati motivi, si rimane da soli e da soli si fa poca strada.

Fatti tu la domanda e dammi la risposta!

Bene. Cosa pensi bisogna fare per allargare la base dei giocatori e per fare cosi diventare il CdT/Subbuteo prima un gioco appetibile per tutte le età e poi un vero e proprio sport?
Guardo gli scacchi, guardo le freccette, guardo il poker e ad altre decine di discipline, che non so se si possono definire sport o se abbiano qualcosa più di noi. Vedo però che a differenza nostra hanno un numero di praticanti e una visibilità mediatica spaventosi. Il trucco sta dietro la visibilità e di conseguenza la mole di soldini che riescono a muovere. E i soldini come li fai? Noi come club ad esempio ci proviamo con piccoli e grandi sponsor, lavorando pazientemente e costantemente sul territorio, ottenendo devo dire buoni risultati. Sono però convinto che se avessimo un altro tipo di visibilità, gli sforzi dei commercianti e delle imprese che ci sostengono porterebbero a risultati molto migliori. Per me bisogna senza giri di parole andare in televisione. Quello è l’unico canale che funziona per la visibilità. Tu, Federazione, costituisci una commissione che si occupa di creare un prodotto e che va a proporlo alle tv, ma non a quelle che trasmettono in streaming online, bensi alle tv vere. Da Eurosport in su per intenderci. Bisogna puntare direttamente in alto per ottenere un medio risultato. Se non riesci ad arrivare in TV rimani sempre il giochino per le poche, pochissime migliaia di appassionati. Arrivato in TV, sono gli stessi sponsor a cercarti e a proporsi e a quel punto sei tu Federazione che vendi l’esclusiva di questo o di quell’altro evento. Ecco per me questo è un passaggio fondamentale per fare il salto di qualità. Finora non credo sia mai stato fatto nulla del genere. Non credo se ne sia mai parlato. Credo che questa debba diventare una delle priorità di chi amministrerà la Federazione negli anni a venire.

Grazie Francesco, grazie per il tempo che ci hai dedicato e grazie per aver condiviso con noi questa tua avventura che continuerà ancora a lungo! Siamo certi che le tue parole saranno di aiuto ai tanti che desiderano organizzare un club dedicato ai ragazzi, ma che ancora non hanno le idee chiare.

Con queste nostre rubriche desideriamo cercare di smuovere la voglia di fare dando suggerimenti ed idee e portando esempi di vita subbuteistica vissuta come quello di Francesco e tutto il suo club.

A presto sui campi amici di Barcellona PdG.


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